Il livello più alto dal 1977
Nel 2014 disoccupazione record al 12,7%
Boom del precariato e del lavoro part-time
Renzi bara sui dati Istat

Un altro dato che rivela la gravità della crisi economica nel nostro Paese. Ci riferiamo agli ultimi dati dell'Istat (l'istituto nazionale di statistica) relativi alla disoccupazione in Italia che nel 2014 ha raggiunto la percentuale record del 12,7%, è il massimo mai registrato dal 1977, ossia da quando sono iniziate le rilevazioni. Nel 2014 il tasso di disoccupazione è salito al 12,7% dal 12,1% del 2013. Un aumento dello 0,6% che smentisce le voci governative tendenti a sostenere la tesi di una ripresa economica ed occupazionale. Resta invece invariata al 12,1% la disoccupazione nella zona euro. Complessivamente tassi più bassi di disoccupazione in Austria (4,8%) e Germania (5,2%); più alti in Grecia (27,4% a settembre) e Spagna (26,7%).
Secondo l'Istat in sei anni, tra novembre 2007 e novembre 2013 in Italia gli occupati sono diminuiti di 1,1 milioni di unità mentre i disoccupati sono più che raddoppiati passando da 1.529.000 a 3.254.000 (1,725 milioni in più). Facendo raffronti più recenti si registra un aumento dell'1,8% su ottobre 2014, pari a 57mila unità in più, e del 12,1% su base annua, pari a 351mila unità in più. La crescita tendenziale della disoccupazione è più forte per gli uomini (+17,2%) che per le donne (+6,1%).
Scendendo maggiormente nel particolare un dato tra i più impressionanti è la disoccupazione giovanile che da noi raggiunge la spaventosa cifra del 42,7%. Ci superano soltanto Paesi sull'orlo della bancarotta come Spagna (57,7%) e Grecia ( 54,8%), i tassi più bassi invece in Germania (7,5%) e Austria (8,6%). In Italia alla crisi economica capitalistica globale bisogna aggiungere i danni provocati dalla controriforma pensionistica Fornero varata con il governo Monti e che ha alzato in un colpo solo l'età pensionabile a 67 anni, costringendo migliaia di lavoratori a rimandare il pensionamento e impedendo l'entrata nel mondo del lavoro ad altrettanti giovani.
In totale, i disoccupati tra i 15-24 anni sono 659 mila. La loro incidenza sulla popolazione in questa fascia di età è pari all'11%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e in aumento di 0,4 punti su base annua. Ciò significa che un giovane su dieci è disoccupato. L'Istat ricorda che il tasso di disoccupazione giovanile è la quota dei giovani disoccupati sul totale degli attivi (occupati e disoccupati). I giovani inattivi sono nel complesso quattro milioni e 424 mila, in aumento dell'1,9% (+81 mila) rispetto a novembre 2012. Il tasso di inattività dei giovani è pari al 73,7%.
Ma questi numeri negativi non dicono neppure tutto. Le nuove assunzioni non hanno le stesse caratteristiche dei vecchi contratti. Si assiste ad un vero e proprio boom del precariato, che va avanti da diversi anni, e più recentemente un forte aumento del part-time. Quindi assunzioni caratterizzate da un susseguirsi di lavori a termine, ridotti strumenti di protezione sociale, bassi salari. Questo spiega in parte anche perché la disoccupazione femminile è aumentata di meno rispetto a quella maschile. Le donne sono quelle maggiormente impiegate, assieme ai giovani, nel lavoro precario, particolarmente diffuso nei settori del commercio e dei servizi, dove esistono ampie sacche di lavoro nero ma dove gli stessi contratti nazionali prevedono una flessibilità pressoché totale.
Siamo ancora una volta di fronte a una lunga sequenza di dati nella stragrande maggioranza negativi e per certi aspetti drammatici, specchio della situazione economica sempre più difficile in cui sono costretti a vivere i lavoratori e le masse popolari. Ma Renzi che fa? Bara sui dati Istat evidenziando il lievissimo calo congiunturale (un misero -0,1%) di disoccupati nel gennaio 2015 rispetto al mese precedente. Un dato che non scalfisce l'aumento pressoché ininterrotto della disoccupazione negli ultimi 7 anni. Tanto che il nuovo Berlusconi di Palazzo Chigi ha subito scritto su Twitter "Più 130 mila posti di lavoro nel 2014, bene ma non basta” mentre il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha affermato: “sono dati incoraggianti” che miglioreranno quando il Jobs Act entrerà in vigore, producendo “150mila occupati in più”.
C'era da aspettarselo che al primo dato con segno più il governo avrebbe tirato in ballo il Jobs Act, come se la cancellazione dell'articolo 18 e dello Statuto dei lavoratori portasse occupazione. Ciò non esclude che molti imprenditori prima di concludere assunzioni già programmate aspettino l'entrata in vigore del Jobs Act, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 6 marzo. Lo stesso Marchionne poche settimane fa dichiarò che prima di assumere in Fiat attenderà l'entrata in vigore delle nuove leggi che permetteranno ai padroni di poter licenziare i neoassunti quando vogliono. Comunque l'Istat conferma come queste nuove 130 mila assunzioni, fatte prima del Jobs Act, sono a maggioranza precarie e riguardano soprattutto coloro che lavorano con il part-time involontario che in Italia coinvolge il 64,1% dei lavoratori a tempo parziale (era il 62,1% nel 2013).
Al momento sembra che i sindacati, quantomeno quelli confederali, siano bloccati, nonostante i pesanti attacchi ai lavoratori su cui viene scaricata la crisi economica capitalistica. Urge invece sviluppare una forte mobilitazione per il lavoro, contro il precariato e il Jobs Act, contro il governo Renzi e la sua politica economica e sociale, le sue controriforme neofasciste. Intanto partecipiamo alla manifestazione nazionale del 28 marzo a Roma promossa dalla Fiom.
 

18 marzo 2015